European Elite 2021, lo studio KPMG sul valore dei club europei

La società di consulenza KPMG ha pubblicato il report The European Elite 2021, che analizza i club europei in base al valore d’impresa. Grazie ad un algoritmo proprietario, basato sull’approccio Revenue Multiple, che prende in considerazione cinque parametri specifici del calcio (redditività, popolarità, potenziale sportivo, valore dei diritti televisivi e proprietà dello stadio), KPMG stima il valore d’impresa dei 32 club di calcio più rilevanti d’Europa. Dall’analisi è emerso che il COVID-19 impatta negativamente sul valore delle squadre di calcio più importanti d’Europa: dopo una crescita continua registrata negli ultimi 6 anni, il valore d’impresa aggregato delle 32 squadre dell’élite del calcio europeo è calato di 6,1 miliardi di euro rispetto al 2019. Il Real Madrid, con un valore di 2,909 miliardi di euro, si conferma al primo posto nella classifica delle 32 principali società di calcio a livello europeo per valore d’impresa, davanti a Barcellona e Manchester United. La Juventus prende il posto dell’Arsenal tra le prime 10 con un valore d’impresa di 1,480 miliardi di euro, mentre per la prima volta entra nel ranking l’Atalanta (24esima posizione) con un valore d’impresa di 364 milioni di euro. Nella Top 32 d’Europa troviamo anche altre società italiane: Inter, Roma, Napoli, Milan e Lazio. Nella top 10, il Paris Saint-Germain è salito in ottava posizione, superando il Tottenham.

Le entrate derivanti dai diritti radiotelevisivi e dal botteghino sono state influenzate in misura maggiore dalla pandemia, mentre i ricavi commerciali sono leggermente aumentati, principalmente grazie agli accordi firmati prima dell’inizio della crisi sanitaria. Solo sette dei primi 32 club hanno registrato un utile netto, rispetto ai 20 club dell’anno precedente. Il valore complessivo delle 32 squadre di calcio europee più importanti è sceso a 33,6 miliardi di euro, il 15% in meno rispetto all’anno precedente, con un decremento di 6,1 miliardi di euro. Mentre l’anno scorso i primi tre club avevano aumentato il loro valore (il Real Madrid dell’8%, il Barcellona del 19% e il Manchester United del 4%), quest’anno le stesse società hanno visto una flessione rispettivamente del 16%, 10% e 20%.

Nonostante quest’ultimo calo del 15% del valore d’impresa causato dal COVID-19, dal 2016 a oggi i 32 club hanno aumentato il loro valore aggregato del 27%. La Juventus riflette questo andamento con una crescita del 51% del valore d’impresa dal 2016. L’Inter ha registrato la maggior crescita percentuale negli ultimi 5 anni (+120%), mentre il Milan è il club che ha subito la riduzione maggiore nello stesso periodo, con una flessione del 22%, superiore a quella registrata dallo FC Schalke 04 (-20%) e dall’Arsenal (-13%). Secondo le stime, i club di calcio più importanti appartenenti alle 55 Associazioni aderenti alla UEFA, registrano una riduzione su base annuale dell’11% dei ricavi operativi aggregati (-2,7 miliardi di euro) rispetto alla stagione 2019/2020. Anche i valori dei cartellini dei giocatori hanno risentito di questa crisi: il valore di mercato aggregato dei 500 giocatori di calcio con il valore economico più alto è diminuito del 10% tra febbraio 2020 e aprile 2021. Inoltre, i dati sui risultati netti per la stagione 2019/2020 offrono dati poco incoraggianti: gli 80 club – tra cui tutti i giganti europei del calcio – che finora hanno reso pubblici i loro risultati finanziari hanno registrato una perdita netta aggregata di 2,04 miliardi di euro.

Oltre ai negativi impatti finanziari, la crisi sanitaria globale ha anche accentuato i problemi di fondo già presenti nei modelli di business dei club di calcio.

“Nell’ecosistema calcistico, oggi altamente interconnesso, servono riforme che coinvolgano tutte le parti interessate. Una revisione della governance e della redistribuzione del potere, la riduzione delle dimensioni dei campionati e la razionalizzazione dei calendari delle partite, l’equilibrio tra il merito sportivo e la prevedibilità finanziaria, la creazione di campionati regionali, unendo campionati nazionali più piccoli e la riprogettazione del FFP, il fair play finanziario, concentrandosi su meccanismi di controllo dei costi più rigorosi”, ha sottolineato Andrea Sartori, Global Head of Sports di KPMG e autore del rapporto.

“Per anni, gli stakeholder del settore si sono concentrati sulle loro posizioni individuali per proteggere gli interessi delle proprie organizzazioni, senza guardare agli effetti collaterali delle loro aspettative e ambizioni sul settore. Tutte le parti devono rendersi conto e accettare che il calcio ha attraversato una profonda trasformazione negli ultimi anni, dovuta principalmente all’evoluzione delle abitudini dei consumatori e alla digitalizzazione, che, a sua volta, ha portato alla globalizzazione del settore, a vantaggio della maggior parte dei grandi club e leghe. Per migliorare lo stato del calcio europeo, sono necessarie flessibilità, responsabilità e cooperazione a tutti i livelli. Non c’è altro modo per salvare il “bel gioco” e per renderlo sostenibile a beneficio di tutte le parti coinvolte, soprattutto di giocatori e tifosi di tutto il mondo, i più importanti protagonisti del calcio”, conclude Andrea Sartori.