Lo studio “Il Pallone Forato“, realizzato dalla Rome Business School, mette in evidenza il ruolo del calcio nel contesto geopolitico globale. Il mondo del pallone è un vero e proprio strumento di soft power da parte di stati e gruppi di interesse. Il business del calcio vanta un giro d’affari di 28,4 miliardi di euro e a dettare le regole del gioco sono inevitabilmente le grandi potenze economiche e politiche. I Mondiali di Qatar 2022 sanciscono il protagonismo dei Paesi del Golfo e affermano il ruolo dell’Islam politico. La procedura di assegnazione della Coppa del Mondo al Qatar da parte della Fédération Internationale de Football Association è stata oggetto di indagini da parte di tribunali e del Comitato Etico della FIFA. Il Supreme Committee del Qatar, però, ha sempre ribadito la correttezza dell’assegnazione.
Nei Paesi del Golfo, le grandi famiglie regnanti, emiri del capitalismo di stato, investono su scala globale. Il Qatar controlla il Paris Saint Germain e attraverso la compagnia aerea di bandiera (Qatar Airways) è legata a top club come Barcellona, Roma e Boca Juniors. Sono della partita anche le monarchie salafite/wahabite dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi. Gli Emirati, ad esempio, con il controllo del Manchester City, in holding con i cinesi, sponsorizzati da Etihad dell’emiro Khalifa bin Zayed Al Nahayan, e dell’Arsenal, di proprietà del CEO di Emirates, Ahmed bin Saeed Al Maktoum. L’Arabia Saudita, che nel 2018 ha aperto gli stadi anche alle donne, sta cercando di offrire un volto più moderno e globalizzato. Jeddah, vetrina di lusso del Paese che ospita i luoghi sacri dell’Islam, è stata sede di eventi “occidentali” come la finale di Supercoppa Italiana.
ll Mondiale di Giappone e Corea del Sud 2002 è servito per far emergere la centralità del Pacifico, rispetto ai vecchi assetti atlantici. Brasile, Sud Africa e Russia, economie emergenti del cosiddetto gruppo dei BRICS, di recente hanno organizzato le ultime tre edizioni dei Mondiali per mostrare il proprio nuovo status.
Non sono solo gli stati ad utilizzare geopoliticamente il calcio. Ma anche le nazioni senza stato. È il caso delle nazionali di Catalogna, Padania, Gibilterra, Nuova Caledonia, ecc. La Palestina, semplice osservatore presso l’ONU, è membro a tutti gli effetti della FIFA, dove siedono anche Macao e Hong Kong, inglobate dalla Cina secondo il principio “un Paese due sistemi”. La FIFA ha concesso una nazionale perfino a Taiwan, la cui indipendenza e sovranità non è stata mai riconosciuta da Pechino. Diverso il caso di Scozia, Galles e Irlanda del Nord, che pur non esistendo più politicamente, in quanto parte del Regno Unito, “rivivono” il loro orgoglio patrio nel pallone.
A livello economico, dopo i campionati delle Big Five (la Premier League inglese, LaLiga spagnola, la Bundesliga, la Serie A italiana e la Ligue 1 francese), si fanno spazio la Süper Lig turca e la Premier Liga russa. Negli ultimi anni calciatori di fama internazionale hanno scelto la Cina per proseguire la propria carriera.
Gli storici hanno svolto numerose ricerche sugli intrecci tra sport e politica. L’Uruguay, nato come stato cuscinetto fra Argentina e Brasile per separare le pretese coloniali di spagnoli e portoghesi, organizzò e vinse il primo Mondiale nel 1930 per affermarsi come nazione, in senso geopolitico e identitario. In Italia, Mussolini organizzò il secondo Mondiale nel 1934, vinti poi dalla nostra Nazionale, per mostrare al mondo i risultati del regime fascista. I Campionati del Mondo di Argentina 1978, dove a trionfare furono i padroni di casa, furono fortemente voluti dalla giunta militare che governava con fermezza il paese sudamericano.